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Andrea Petrillo. Vita regolare, infanzia felice. Trascorre la pubertà e l'adolescenza in uno stato di sonno. All'età di 20 anni la scoperta della pittura e gli studi di Lettere e Filosofia presso l'Università La Sapienza di Roma. Consegue la Laurea in Antropologia Culturale, qualche anno dopo il diploma della Scuola di Specializzazione in beni DEA. Poche le personali al suo attivo, come fosse l'arte una privata scrittura, più visibilità pubblica ai paralleli lavori installativi e audiovisivi. Il tema: la memoria. Quella della Shoah e l'altra più privata delle origini familiari. Entrambe, non senza irruzione dell'una nell'altra, tese alla ricerca erratica di un'identità, che è geografia di un naufragio, spettro della luce livida e mutevole delle paludi pontine, del Tirreno. «Dovremmo interrogarci sul perché continuiamo a vedere e produrre quadri, immagini, sequenze di immagini, a raccogliere, assemblare, manipolare gli oggetti e le parole. Lo spazio è saturo di materia e di suono... Nel pensiero c'è sempre una parete da occupare, una stanza da abitare. Il vuoto non è nudità. Riempiamo il tempo che ci resta per essere nudi. Una voce proviene da regioni remote, ci intima di andare, di scendere, di lasciare un traccia di luce, una linea enigmatica che segni il nostro arrivo, la nostra partenza».